Antonio Salieri (1750-1825):
Picciola Serenata in si bemolle maggiore
I - Allegretto
II - Larghetto
III - Minuetto
IV - Presto
Howard Chandler Robbins Landon ha ormai dimostrato che la rivalità
tra Mozart e Salieri è stata montata ad arte. Il perché va ricercato
soprattutto nella volontà di Constanze Weber (e del suo secondo
marito) di creare un alone di mistero e di leggenda attorno alla
memoria di Wolfgang. Ad esempio: l’opera La clemenza di Tito
(scritta in fretta e furia nel 1971 per l’incoronazione di Leopoldo
II, succeduto al fratello Giuseppe II) è stata sicuramente
commissionata a Mozart dall’impresario Guardasoni ad Antonio Salieri,
che si ritirò dall'offerta quasi un anno prima delle celebrazioni
regali. Così scrive Giuseppe Rausa (un profondo conoscitore della
Vienna del XVIII secolo): “Era logico che il Kapellmeister, nonché
massimo compositore d’opera viennese fosse il primo destinatario di
un’incombenza tanto solenne. Solo dopo avere ricevuto un ripetuto
rifiuto da parte dell’italiano di farsi carico dell’opera nuova,
l’impresario si era rivolto a Mozart. Wolfgang è in ansia per
l’ambita commissione del Tito, un’occasione fondamentale per la
carriera (ora pericolante) del compositore. Dunque ecco Mozart
inseguire per intere giornate il fantomatico “NN” (altrove nelle
lettere a Constranze viene chiamato “Z”) al fine assai probabile di
farsi cedere l’incarico praghese. Scrive infatti: “...devo far la
guardia a un certo NN e non posso lasciarmelo scappare. Tutti i
giorni alle sette del mattino sono già da lui” (7 luglio 1791);
altrove invece “...avevo quasi deciso di partire senza aver concluso
nulla... fra qualche giorno questa storia dovrà pur finire. Z. me
l’ha promesso con troppa serietà e solennità. E allora verrò subito
da te” (a onor del vero va detto anche che per alcuni studiosi si
tratta invece del barone Wetzlar, presso il quale Mozart cercava
l’ennesimo prestito). A Praga il 6 e il 12 settembre, durante le
solenni cerimonie di incoronazione di Leopoldo II e di Maria Luisa,
Salieri dirige soprattutto composizioni sacre di Mozart: è
l’ennesimo riscontro della evidente vicinanza artistica e ideale dei
due principali protagonisti della scena musicale viennese. Inoltre
già il 16 o 17 aprile 1791, in occasione dei tradizionali concerti
della Quaresima, Salieri aveva diretto “Eine neue grosse Simphonie
von Herrn Mozart”, probabilmente una delle ultime tre partiture
(Sinfonie nn. 39, 40 e 41) del salisburghese.
Al termine degli anni ottanta Salieri e Mozart sono i due principali
compositori di corte; certamente l’austriaco vive “all’ombra
dell’italiano”, ma rimane tuttavia, dopo di lui, il principale
compositore viennese nonché l’autore ufficiale di gran parte delle
musiche eseguite per le feste di incoronazione di Leopoldo II a
Praga nell’estate 1791”.
La Picciola serenata è gemella dell’altra più impegnativa serenata
(anch'essa in si bemolle maggiore) conservata presso la
Österreichische Nationalbibliotek ed esistente anche in altre
tonalità. La serenata è identica al Quintetto conservato presso la
Bibliothèque National di Parigi che reca l’interessante scritta:
“composto per il senatore di Roma il Principe D. Abbondio Rezzonico
al Sig. Luigi Fuchs” essa è opera di indubbio pregio pervasa com’è
da uno charme e da una facilità di invenzione pari a quelle di
Mozart. La data apposta sulla Picciola Serenata (1778) fa
considerare il lavoro come appartenente al primo periodo della
produzione di Salieri che si dimostra anche con quest’opera
partecipe degli splendori del classicismo viennese.
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791):
Serenata in si bemolle maggiore K. 361
Gran Partita
II - Largo - Allegro molto
II - Menuetto - Trio I° - Trio 2°
III - Adagio
IV - Menuetto - Trio I° - Trio 2°
V - Romanze (Adagio - Allegretto)
VI - Tema e variazioni
VII - Rondo: Allegro molto
La Serenata in si bemolle maggiore K 361 è divenuta celebre col nome
Gran Partita. Quello della serenata era un genere assai di moda
nell’Austria del ’700, quando si scriveva moltissima musica di
intrattenimento - soprattutto per insiemi di fiati - utilizzata sia
all’aperto che nei salotti e nelle cene di nobili e di ricchi
borghesi. La data dell’autografo (1780), non è attribuibile a Mozart,
quindi non è sicura; per contro esistono fonti certe di una sua
esecuzione posteriori di ben quattro anni e ci portano nella Vienna
della grande stagione dei concerti per pianoforte eseguiti su
“sottoscrizione” per i ricchi sostenitori del maestro salisburghese,
ossia il 1784.
Nel libro del primo biografo di Mozart, Georg Nikolaus von Nissen,
si legge che questa serenata è stata scritta come un omaggio di
Wolfgang a Costanze Weber, in occasione del loro matrimonio, ma si
tratta quasi certamente di un’invenzione della vedova di Mozart. In
queste composizioni, per lo più eseguite in momenti in cui
l’attenzione degli ascoltatori era assorbita da altre attività
conviviali, i musicisti tendevano a utilizzare melodie facili, per
lo più trascritte da arie d’opera divenute subito assai popolari,
con un’orchestrazione altrettanto lineare.
La Gran Partita invece ricalca - nel suo impianto strutturale - la
tipica della serenata per fiati del XVIII secolo: un primo tempo
brillante, due minuetti - in seconda e in quarta posizione -, un
tempo lento al centro del lavoro e infine un rondò assai veloce. Ma
per il modo di trattare il vasto organico, che fa dialogare gli
strumenti come fossero voci di cantanti, la Serenata K 361
rappresenta un traguardo nuovo per l'ensemble di strumenti a fiato.
Se la datazione dovesse essere il 1780, questa serenata riveste
un’importanza ancor maggiore, in quanto permetterebbe di farci
meglio comprendere la gigantesca evoluzione artistica di Mozart dopo
l'esecuzione dell'Idomeneo a Monaco di Baviera. Qui in compositore
si discosta moltissimo dal tono galante tipico delle serenate
francesi, allora assai di moda, poiché scrive per ben tredici
strumenti (dodici a fiato ed il contrabbasso) facendone la serenata
per fiati più ricca del suo tempo. Esiste una versione per otto
strumenti di solo quattro movimenti più vicina ad una esecuzione
“domestica” e che recenti studi musicologici ritengono essere
precedente alla versione per tredici strumenti. Ma Mozart fa ancor
di più: alla forma della serenata viennese, aggiunge - per la Gran
Partita - ulteriori tre movimenti: un lungo Tema con Variazioni
(penultimo tempo, trascritto da un precedente lavoro "parigino", il
Quarteto per flauto e archi K 285b), un secondo Minuetto con due
Trii, ed infine una seconda, meravigliosa Romanza (terzultimo
tempo). Impagabili sono poi gli ammiccamenti alla musica di
carattere “turchesco”, tanto di moda a Vienna in quegli anni, che si
riscontrano nel brillante, pirotecnico Finale.
La vastità dell’organico e il grado di assimilazione dei vari
strumenti permettono al compositore di farli dialogare, di
contrapporli, di compenetrarli in un modo mai prima raggiunto.
Il contrabbasso (che dovrebbe essere presente - ad libitum - in
tutte le serenate o divertimenti per fiati di Mozart) ha lo scopo di
rendere piena e corposa la linea del basso. L'autografo mozartiano è
conservato in USA alla Library of Congress e non prevedeva la
sostituzione del contrabbasso con il controfagotto, prassi che si
era consolidata fino alla fine degli scorsi anni ‘60. Anche la
denominazione di Gran Partita, presente nel manoscritto, non sembra
sia stata voluta da Mozart.
Note di sala del musicologo Paolo Zeccara